Paesaggi d'Italia

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Una grande strada italiana: il mondo della via Emilia

Emilia-Romagna, Italia

La via Emilia, “uno dei più belli e fascinosi viaggi d’Italia”, come scrive Riccardo Bacchelli, è anche uno dei più originali e gratificanti. Una grande strada italiana, così nota e attraversata da tutti, eppure così sorprendente per una somma difficilmente eguagliabile di patrimoni di umanità, storia, cultura, per un insieme denso e singolare di genialità, energia e operosità. Una collana di città legate una all’altra dall’arte del buon vivere, testimoniata mirabilmente dalla musica, dalla cucina, dalle passioni sportive, da memorie, colori e sapori sempre sontuosi, anche quando squisitamente popolari. Si parte da Piacenza e si arriva a Rimini, passando per le piccole - grandi “capitali” di Parma, Reggio Emilia, Modena, per poi toccare il cuore emiliano di Bologna, in cui i più attenti sentono già un po’ di quell’aria romagnola che arriva da Imola, da Faenza, con le sue strade dritte che portano subito a Ravenna) da Forlì, da Cesena, per finire il viaggio sulla costa adriatica. Grande antichità e straordinaria modernità, bello e buono, sentimenti raffinati e passioni solide, corrono insieme sulla Via Emilia.

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Chi percorra oggi Emilia e Romagna, che è uno dei più belli e fascinosi viaggi d’Italia e dei più a torto trascurati dal comune turista può trovare molte ore in cui percepirà cotesto silenzio e il suo significato ideale e poetico, anche sotto i frastuoni, o quando essi tacciono, della vita e del traffico moderni, e dove non giungono […] lo percepirà quel nobile silenzio della storia. […] chi poi percorra la popolosa e pulsante via Emilia coglierà nelle città e cittadine da Piacenza a Rimini, e nella chiara Forlì e in Faenza garbata e bisognerebbe dirle tutte, il panorama umano e quotidiano di una vita popolare che ancora unisce passione fremente e urbanità cordiale e festosa. Chi s’addentri e si dilunghi per le bellissime strade del piano e poi sui grandi argini dei fiumi, e sulle spiagge marine lagunari, godrà l’ampia serenità di una campagna ferace sotto il sole e sotto le nevi e nelle vaste nebbie fantasiose: e fantasiosa se il tempo lo favorisce, gli apparirà la vista lontana degli Appennini, che d’appresso, seguendone le pendici verdi-azzurre, è amenissima e dolce. Salendovi dal Penice gli s’apre la Lombardia fino alle alpi, da San Marino, spazia sulla terra di Romagna e sul Mare Adriatico, dal dominante Cimone potrà vedere i due mari.
Riccardo Bacchelli, 1950
Chilometri d’asfalto al sole
automobili e case
elettrauto e galline,
fiori di ciliegi
ruote di bicicletta
un treno che vi insegue
aria che sa di mare.

Colline bizzose
dolci nel loro andare
ragazze in motoretta
carri gialli di fieno
le viscere di ghiaia
del nebbioso Marecchia,
un cuoco di cartone
che vi invita a una sosta.

Camions a venti ruote
schiaffeggiano l’asfalto
un trattore si affaccia
come un muso di vacca
irrigatori irrigano
foglioline e germogli
ragazzi danno calci
a un pallone su un prato.
Tito Balestra, 1976
Emilia, ormai scurisce il tuo frumento
e il papavero esce a fare il bulbo
e le viti mettono teneri ricci
e la sera i biancospini illuminano le stradette
dove non passano che tante biciclette.
Emilia, ormai le tue strade fioriscono le contrade,
di nuove toillettes, e le rose rosse nei giardini
ascoltano quei pazzi usignoli querelarsi
senza ragione, come i soprani nelle opere.
La primavera era di una malinconia
sino a pochi giorni fa [...].
Ma venne il sole e si fa
come una ragazza a passeggio con un giovanotto:
ride di tutto negli occhi chiari.
Emilia, la tua calma ci ha stregati.
Attilio Bertolucci, 1990
(La pianura tra Piacenza e Bologna) E fu così che ad un certo punto m’accorsi che il sole andava perdendo nell’intensa sua luce, e la grande pianura Emiliana largamente si discopriva nel vespero riposato. Chi percorre la linea da Piacenza a Bologna, trasportato dal treno, non ha né meno un’idea della bellezza maestosa e molle di quel paesaggio da cui sorge, con l’insorgere dei colli e dei monti lontani, l’imagine della Patria.
Alfredo Panzini, 1907
La via Emilia immensa e vuota mi si allungava davanti: non un rumore passava nella sera, non una forma saliva dai campi. Il cielo plumbeo sembrava aver perduto persino il ricordo degli astri, sulla terra bruna erano cessati tutti i colori ed i moti della vita. Una inerzia crepuscolare copriva la natura arrestandone l’infinita instancabile varietà; e la via Emilia aperta per essa da una storia di quasi tre mill’anni, altrettanto nuda e deserta, pareva annunciare che anche la storia era finita.
Alfredo Oriani, 1889