Liguria, Italia
(Porto Venere) A quelli che giungono dal mare appare nel lido il porto di Venere e qui – nei colli che ammanta l’ulivo è fama che anche Minerva scordasse per tanta dolcezza Atene – sua patria
Francesco Petrarca, 1338-1353
La realtà di questa bellissima costa è infatti quella di non essere una sorella minore del Sud, ma un altro Sud: il Sud del Nord. Di cui trattiene come sciarpe di veli immateriali nelle nebbioline lontane, il verde umido dei prati, e perfino negli ulivi raggiunge tonalità argentee quasi come nelle foglie delle betulle. È proprio, come se, la costa che finisce a Portovenere, fosse l’estremo affaccio del Settentrione, prima di cambiar pelle e diventare nero di sole.
Cesare Brandi, 1991
(Baia di Lerici, Golfo dei Poeti) […] mi sedetti e guardai le navi/ scivolare sul mare luminoso/e grande, come alate carrozze /per correre in un mondo sereno/ad uno strano lontano do-vere:/alla volta di una stella elisia/[…] Ed il vento che dava ali al loro volo/veniva da terra fresco e leggero/e il profumo degli alati fiori/ ed il fresco all’ora rugiadosa/ e la dolce calma del giorno/scendevano sul golfo luminoso.
Shelley Percy Bissey, 1822
Questa baia di Lerici è incantevole, circondata da colline boscose grigioverdi; verso il mare ha il suo porto invano difeso da un antico e meraviglioso castello in rovina, proteso su un ardito promontorio che da sull’imboccatura […] Ricordo ben pochi episodi del mio viaggio in Italia più vicini al mio cuore di quanto lo sia quel perfetto pomeriggio d’autunno: la sosta di mezz’ora sulla piccola e fatiscente terrazza della villa (degli Shelley), l’ascensione fino all’antico castello, la passeggiata piena di meditazioni nella luce che si affievoliva, sulla terrazza ricoperta di viti che guarda il tramonto e le montagne che si fanno scure laggiù.
Henry James, 1909
(a Fiascherino) E lo splendore del mare calmo, limpido come cristallo nelle sue profondità verdi o azzurre; le rocce scure e lustre dei graziosi promontori, tra l’uno e l’altro dei quali appariva, vicina e invitante, una breve insenatura di sabbia o di fine ghiaia; le rigogliose foreste che risalivano ininterrotte le ripide colline e chiudevano via via la vista senza mai arrivare a scoprire il cielo né la più piccola abitazione; il ritmo uguale, musicale dei remi che si tuffano, si rialzano, sgrondano, sciacquano, e solo un attimo, ogni volta, rimandano a lontanissimi lievi indistinte voci o rumori sparsi nell’immensità; la solitudine, infine, che qua e là, a grande distanza, una barchetta sul mare, due bagnanti su una di quelle spiagge, non guastavano anzi confermavano per le stessa discrezione della loro comparsa – tutto evocava qualcosa che non avevo mai visto se non con la fantasia, leggendo appunto il mio adorato Stevenson dei Mari del Sud. La Punta delle Stelle è una quantità di scogli sparpagliati davanti al promontorio di Fiascherino come una grande mazzo di fiori a fior della superficie del mare, e basta un po’ di vento, il passaggio di un’imbarcazione un po’ veloce, o soltanto il flusso della marea, perché il mare palpiti, spumeggi, si metta a bollire. Rotondo come pancia di fiasco il promontorio, sottile come collo di fisco l’istmo naturale che congiungeva alla spiaggia dividendola in due baie: prima e più breve quella di ponente, […] seconda e più lunga quella di oriente, verso la punta di Treggiano. […] Era la seconda spiaggia quella che ci attraeva. Sembrava di essere arrivati a un’isola selvaggia, meravigliosa, lontanissima, in un altro continente.
Mario Soldati, 1988
Il Golfo di Spezia era […] divino. La luna dall’alto, nella pace serena della sua luce, spargeva su tutte le cose come un fiato soave di malinconia. Monti, monumenti, isole parevano di bronzo; immoti come chi è morto da secoli. La scena sarebbe stata troppo triste, se le onde chiacchierine, che parevano cinguettare e ridere fra la rete infinita d’argento, che le inserrava come migliaia di pesciolini presi nella rete del pescatore, non avessero dato al golfo un palpito di vita.
Paolo Mantegazza, 1897
(Verso Tellaro) […] cupole di fogliame da cui sprizza una polifonia di limoni e di arance e il velo evanescente di una spuma, di una cipria di mare che nessun piede d’uomo ha toccato o sembra, ma purtroppo il treno accelera […]
Eugenio Montale, 1980
(Verso il Tigullio) Portofino, Rapallo, Santa Margherita e tutto il golfo del Tigullio hanno una speciale attrattiva […] ma Portofino, segregato, aggiunge una punta di exclusif. […] con la sua baia ed il piccolo porto, che verso oriente ha un’altra baia. Paraggi, a occidente, girato il promontorio in cui la roccia si alterna all’olivo ed al pino selvaggio, il porticciolo medievale di San Fruttuoso, Portofino è il paesaggio più perfetto di tutta la Riviera, tra La Spezia e Marsiglia. In una Riviera, come la ligure, bella ma di linee incerte, ha la precisione di linee e la purezza di contorni di un disegno cinese.
Guido Piovene, 1957
Paraggi, golfo d’ombra, baia di pietra verdone. Irritato contro le scogliere che l’addentano, anche in bonaccia il mare vi brontola, schiaffeggiando la magra spiaggetta. In disparte sta l’abitato per non turbare con le sagome tremolanti il lucidissimo specchio che la vegetazione delle rive abbuia […] Dall’umido della notte che stagna sul golfo in vapore, Rapallo all’alba emerge, lustro arcipelago di tetti. Si sfanno sotto le acquate di maggio gli ultimi festoni di glicine. Si respira nell’aria, acidetto, l’odore del fieno novello. Gli uliveti salgono i colli, simili a greggi da tondere. A notte, la campagna bruna e calda sprizza lucciole.
Camillo Sbarbaro, inizi ‘900
(Portofino) Ecco vicina appare Portofino recintato di verde luminoso; con la barriera del monte respinge la violenza dei venti e silenzioso riposa nell’estatica quiete.
Francesco Petrarca, 1338-1353
Delizioso il mescolarsi del fogliame, colossali le radici; e l’aloe, enorme al di sopra della cima dei muri. […] Le bianche case di Chiavari splendenti come stelle sui colli azzurrini, le vicine montagne nobilissime nella forma, ricche di colori rugginosi, tutte viti e bosco fino a mezz’altezza, con piccoli villaggi, ciascuno con il suo baldacchino di fumo azzurrognolo al di sopra dei crinali.
John Ruskin, 1840-41
(San Fruttuoso) V’è una fonte di piacere nei boschi senza sentiero, v’è un rapimento sulla solitaria spiaggia, v’è una compagnia, da nessuno disturbata, presso il mare profondo, e v’è musica nel boato di questo […] Ondeggia, ondeggia, oceano profondo e cupamente azzurro – ondeggia! Una miriade di flotte ti solcano veloci invano […]
Lord Byron, 1812-1818
(San Fruttuoso) A metà di quelle tre lunghe miglia di costiera a picco, un piccolo seno romito si allarga, quasi incavandosi tra le pareti di puddinga e la rovina dei monti. È un fondo di coppa dall’acqua di smeraldo, che si allunga in due o tre calanche silenziose in cui gli olivi si rispecchiano tra i ciuffi di pino, che più in alto si sporgono tra i massi di puddinga che escono fuor di quel velo d’argento grigio, ed il verde oscuro dei pini, levandosi a riviera, e si distendono in ripidi dorsi a semicerchio: come un orlo sul vano del cielo. In fondo di una di quelle calanche una facciata bianca di casa a due piani s’allunga tra due sponde, poggiata su quattro archi oscuri e su un masso di puddinga: una cupola bianca si leva sopra il tetto di quella casa a due piani, dall’aria monasticamente raccolta, quasi incoronandola. E gli olivi e gli elci allungano dalla riviera i loro lunghi rami , i grandi ventagli di foglie ombreggiandola. È la vecchia abadia di San Fruttuoso.
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, 1898
(verso Genova) un verde-verde verde come quello che ondeggia nella vigna sotto le finestre, invece, non l’ho mai visto. E nemmeno un lilla e un porpora come quelli che fluttuano tra me e le colline in lontananza. Né esiste in alcun luogo, quadro, libro, descrizione un azzurro terribile, solenne, impenetrabile, come quello di quel Mare. Ha un effetto così magnetico, silenzioso, profondo, intenso che non posso fare a meno che sia stato proprio quello a suggerire l’idea dello Stige. Sembra quasi che una sola sorsata, soltanto quel poco che si può raccogliere nel cavo di una mano, sulla riva, possa lavare via qualsiasi altra cosa e di trasformare la mente in un grande vuoto azzurro. […] il paesaggio è straordinario, a un certo punto della sera e del mattino l’azzurro del Mediterraneo supera ogni immaginazione o descrizione. È il colore più intenso e meraviglioso, credo, di tutta la natura.
Charles Dickens, 1844
(da Genova a la Spezia) Per me, non c’è niente di più bello in Italia della strada costiera tra Genova e la Spezia. Da una parte: a volte lontano, in basso, a volte quasi al livello della strada, e spesso bordato da una fila di rocce spezzate dalle forme più diverse, c’è l’azzurro mare aperto, con qua e là, una pittoresca feluca che passa con un lento scivolare; dall’altro lato ci sono alte colline, vallate cosparse di casette bianche, macchie cupe di olivi, chiese campestri con i loro leggeri campanili aperti e ville gaiamente colorate. Su ogni pendio e collinetta, a lato della strada, il cactus e l’aloe selvatici crescono in una profusione lussureggiante e i giardini dei ridenti villaggi lungo la strada sono tutti imporporati da mazzi di amarillidi in estate, e fragranti di aranci e limoni dorati, in autunno e inverno.
Charles Dickens, 1844
Lasciata Genova […] cerca di non distogliere mai, per tutto il giorno, lo sguardo dalla costa; ti si faranno incontro panorami che sarà più facile per te rimirare che per qualsiasi uomo descrivere: bellissime valli, fiumicelli che scorrono, colli piacevolmente selvaggi e da ammirare per la sorprendente fertilità, villaggi arroccati sulle rocce, paesi assai vasti; vedrai sparse sulla costa, ovunque ti volgerai, casa adorne di marmi ed ori e ti stupirai come una città del genere ceda in splendore e piacevolezza ai suoi dintorni.
Francesco Petrarca, 1358
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