Lombardia, Italia
Al nord, tagliate a mezzo da fasci di vapori e facendo brillare in alto come blocchi d’argento le loro nevi eterne, chiudono l’orizzonte le cime delle Alpi, barriera naturale tra l’Italia e la libera Svizzera, dalle quali scendono spumeggiando i torrenti che poi, divenuti placidi fiumi, rendono fertile e fresco il suolo lombardo. Di contro, si delineano le prime pendici degli Appennini, la grande colonna vertebrale della penisola italiana. E l’ampia Lombardia, godendo il privilegio di trovarsi tra due catene, che, quasi gigantesche spugne, assorbono per lei l’umidità dei più alti strati dell’atmosfera, sente circolare nelle sue vene nascosti torrenti di neve disciolta, mentre la sua superficie si copre spontaneamente di belle praterie, pascolo a infinite mandrie di lucidi bovini.
V. Blasco Ibanez, 1896
Valtolina, come s’è detto, valle circondata d’alti e terribili monti, fa vini potenti assai e fa tanto bestiame, che da paesani è concluso nascervi più latte che vino. Questa è la valle dove passa l’Adda, la quale prima corre più che quaranta miglia per Lamagna. Questo fiume fa il pescio témere, il quale vive d’argento, del quale se ne trova assai per la sua rena.
Leonardo da Vinci, 1490
Fra l’altro vale la pena di fare il viaggio attraverso i Grigioni e sullo Spluga: perché nessuno ha un’idea del luogo selvaggio e del disfacimento della natura come si trovano lì […] Non posso dire come è pittoresca e interessante la strada per un pittore. Qui c’è tutto ciò che si può vedere di grandioso, orrendo e spaventoso! […] questa strada la dovrebbero fare tutti quelli che sono portati a far poesia! Durante il viaggio mi venivano spesso in mente le favole dei miei fratelli […]
L.E. Grimm, 1816
(Valtellina) Questa valle di montagna italiana, diversa dalle valli svizzere che le stanno accanto per le usanze, per l’arte e la stessa vegetazione. L’albero che vi predomina non è l’abete, ma il pioppo, il faggio, il castagno, come nella nostra poesia, e la solcano le acque torrentizie dell’Adda. […] Prediligo la Valtellina per i colori “fini e mesti, intensi e teneri”, ed aggiungerò silenziosi, giacché essa a differenza di altre vallate alpine, non ci dà canti originali e non è portata al canto. Mi piace il silenzio e l’assenza di quei monumenti celebri […] si scorgono invece dovunque i segni di un’arte paziente, casalinga, intonata alla natura ed in gran parte inconsapevole; che però culmina a Chiavenna, a Ponte, nel santuario di Tirano, nel palazzo Besta di Teglio. Questo è un commovente esempio di umanesimo montanaro, e chiude nell’interno affreschi illustranti l’Eneide.
Guido Piovene, 1957
(Valtellina) La valle si è stretta. Tourniquets quasi si cengia tra due pareti di granito buie, scoscese, a picco sull’abisso. Continuiamo a salire. Finché, di colpo, stupore! Tutto si illumina, si spalanca, si appiana, splende il sole, corriamo, scivoliamo in mezzo a grandi praterie verdi brillanti e qua e là filari di abete versi cupi, mentre nello sfondo ci sfolgora dinnanzi una colossale catena di picchi, di torri, di cuspidi: un formidabile frastaglio nero e bianco, roccia e ghiaccio, roccia e neve: uno scenario altissimo, immenso, innegabilmente vero e tuttavia fantastico, teatrale, bello di quella misteriosa bellezza che è propria di ogni grande opera d’arte.
Mario Soldati, 1985
(Valtellina) La valle, cullata fra due linee di monti, ci si stende ai piedi nel suo bel piano di verde, larga in giù verso Colico, dove l’orizzonte si chiude con le punte scure del Resegone, che si disegnano marcate sull’orizzonte biancastro, aguzze come tante signorine inglesi. E in quella direzione, a destra i monti che la separano dalla Svizzera brulli e rocciosi nelle cime; a sinistra, quelli che la separano dal Bergamasco, verdi sino alla vetta, del verde cupo dei pini che si arrampicano sulle coste, nei ciglioni, sulle punte, dove appaiono schierati come soldati che le abbiano prese d’assalto. […] nelle pendici che si elevano ad anfiteatro, coltivate a scaglioni, paeselli scuri, dai tetti di lavagna, mezzo nascosti fra i castagni, addossati al monte come greggi impaurite, raccolti attorno al grande pastore bianco, il campanile, che li segna alla valle e manda di tanto in tanto il suo saluto di campane. E dietro e sopra i paeselli, ruderi di castelli, triste ricordo di barbarissimi tempi, nidi di sparvieri, abbattuti, grazie a Dio, dall’ala del tempo e dal soffio della civiltà. Di fronte, la Valle Malenco che scende dai monti in Valtellina, e nello sfondo le punte a guglie del Roseg che si elevano, piramidi di Dio, sopra una distesa di ghiacci, su cui lo scuro delle rocce campeggia fra il bianco delle nevi e l’azzurro chiaro dell’aria. Ai nostri piedi l’ampia distesa di Sondrio, coi tetti scuri popolati da una folla di camini vigilanti contro il freddo che giunge pungente e spesso di sorpresa dalle gole dei monti.
Giovanni Saragat, 1910
Su per lago di Como, di ver Lamagna, è valle di Chiavenna, dove la Mera fiume mette in esso lago; in queste montagne sono li uccelli d’acqua detti marangoni; qui nasce abeti, larici e pini, daini stambuche camose e terribil orsi; non ci si può montare se non a quattro piedi; vannosi i villani a tempo delle nevi con grande ingegno per far traboccare gli orsi giù per esse ripe; queste montagne strette mettono in mezzo il fiume, sono a destra e a sinistra per ispazio di miglia venti, tutte a detto modo; trovasi di miglio in miglio bone osterie; su per detto fiume si trova cadute d’acqua di quattrocento braccia; le quali fanno belvedere; ecci buon vivere quattro soldi per iscotto; per esso fiume si conduce assai legname.
Leonardo Da Vinci, 1490
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