Paesaggi d'Italia

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Memorie uniche: Pompei e Paestum

Campania, Italia

Le terre campane hanno evidentemente una vocazione precisa, quella di stupire il mondo con tesori incomparabili. Se i paesaggi naturali (i Golfi, le Costiere, le Isole, ecc) hanno fama planetaria, altrettanto e ancor di più si può dire del paesaggio storico. Pompei è quello che è: una memoria umana assolutamente unica. Come ebbe a dire Goethe con acume e limpido cinismo, “ Nel mondo sono accaduti disastri in numero incalcolabile, ma nessuno che abbia procurato ai posteri tanta gioia come quello di Pompei. È difficile immaginare qualche cosa di più interessante”. E come se non bastasse Pompei c’è anche Paestum, ricco frammento di Magna Grecia, luogo d’elezione dei miti e delle arti più antiche, custode di patrimoni di cultura che lasciano quasi storditi per la loro purezza di forme e la profondità di significati.

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Tutto ciò che vedevo, i Teatri, il Foro, la Basilica, le Terme, i peristilii delle case, le vie, le fontane, tutto mi pareva noto da tempo immemorabile, tutto rivedevo come gli aspetti consueti di un paese a cui si faccia ritorno dopo una lunga assenza. Chi era a noi compagno in quel tempo? Con noi era la vita, era una primavera di cui i fiori sono caduti per rinnovellarsi. Poi fra le fiamme del vulcano venne la morte e ci addormentò col suo canto e ci trascinò nel suo volo. Nascemmo qui, dove ora facciamo ritorno.
Angelo Conti, 1907
È impossibile immaginarsela, senza averla vista la grandezza melanconica del paesaggio di Paestum e la pura bellezza degli edifici in rovina, ai quali esso serve di di quadro, un quadro pieno di maestà nuova e di poesia in quella solitudine assoluta, da nessuna cosa turbata. Io sentivo risvegliarsi in me alcune delle impressioni provate nel deserto.
Francesco Lenormant, 1883
Paestum e la piana del Sele sono ai nostri occhi come le pagine di un vecchio libro, che gli anni avevano cancellato e poi all’improvviso con mille misteriosi accorgimenti è stato riportato alla luce nitido e palpitante.
Alberto Spaini, 1962
E […] Paestum con i suoi templi greci colore dell’ocra che non sorgono più in un deserto acquitrinoso, popolato solo di bufale e dei loro guardiani; e poi dopo Paestum la parte finora meno nota della costa campana, e per me forse la più bella, dolcissima e come difesa dalla sua arretratezza arcadica: il Cilento e al suo termine Palinuro.
Guido Piovene, 1962
La regione si faceva sempre più piana e brulla; solo poche casupole qua e là denotavano una grama agricoltura. Incerti se camminavamo tra rocce o tra avanzi di monumenti, ci riuscì finalmente di orizzontarci in mezzo ai rottami di una città un tempo così splendida. Kniep che anche lungo la strada non aveva perduto tempo, si mise subito alla ricerca del luogo di dove potesse venir riprodotto l’insieme di tutti quegli avanzi.
W. Goethe, 1786
Tuttavia questa devastazione offre una visione di forza perpetuata. Il pellegrino, che scopre a un tratto quegli immensi scheletri, si trova dinanzi ad una nuova affermazione di singolare vitalità. Senza dubbio l’ardore dei rossi, il duro splendore degli azzurri, l’oro vivo degli idoli non folgoreggiano più sui frontoni e nei fregi, senza dubbio le colonne non salgono più sature di caldi colori verso quegli architravi e quelle metope ove la storia degli dei è rappresentata nelle sue note figurazioni ; e vi si cercherebbero invano quegli ornamenti, di cui è verosimile che il sottosuolo ci riserva in avvenire documenti importanti. Tuttavia, lungo i colonnati e i cornicioni una pasta solare si è sostituita col tempo a quella che gli antichi vi avevano cimentata. Del pallore opaco della Basilica e del tempio di Cerere la pietra si è avvolta come di un velo trasparente, rivelando il segreto del loro corpo dalle vertebre gigantesche. Ma anche il tempio di Nettuno, il più imperioso, il più intatto dei tre, sprovvisto del suo stucco e confessando anch’esso la propria nudità, non ci mostra una qualità d’oro delle più rare? […] A forza di avere, per venticinque secoli, il fuoco del sole, no si direbbe che ne ha ricomposto la sostanza? Una inestinguibile bruciatura sembra consumarlo con lentezza, un’anima pesante sembra vegliare nel silenzio della sua pietra, e la luce del cielo in cui si bagna si riaccende ogni giorno, dall’alba al tramonto, quel fiammeggia mento dolce e forte in cui lo spirito evoca con uno slancio perpetuo la luce dell’eternità. […] A Paestum […] fra lo strato di liane, di fogliame e di rovi i templi non hanno altro orizzonte che quello della montagna o del mare. Nessun tanfo cittadino insudicia la loro atmosfera. L’azzurro delle acque, l’azzurro del cielo uniscono attraverso i vapori del giorno le loro fiaccole accese. Fra il fitto della macchia serpeggia un mondo di esili creature rampicanti.
Eduardo Schneider, 1925