Toscana, Italia
Son solamente i vecchi, ma gli uomini di mezza età, ricordano la Maremma delle paludi, delle mandrie brade, dei butteri, della malaria e dei banditi, che le bonifiche assalivano senza riuscire a soverchiare. Vi era ancora, trent’anni fa, chi evitava di attraversare quel territorio a costo di allungare il viaggio; e vi era invece il viaggiatore romantico, attirato da quel miscuglio di antica civiltà e di vita selvaggia.
Guido Piovene, 1957
In Maremma (“da Cecina a Corneto” per delimitarne con Dante il territorio ) è sepolta gran parte della civiltà etrusca: Tarquinia, Vulci, Cosa, Vetulonia, Roselle, Populonia, fino a Volterra. Ma alle foci dell’Albegna esiste una preistoria ancora viva: un grande toro che ho sempre veduto pascolare, seduto e indisturbato nel tombolo. La Maremma purtroppo cambia aspetto, ma quel toro ne è l’emblema. È quel che resta della sua svogliata e selvaggia maestà. E vedo nell’occhio della bestia espandersi pacifica un’antica patria d’acque e foreste, di armenti bradi e di generosi briganti.
Bino Sanminiatelli, 1966
La verde Maremma!
Un deserto di bellezza colmo di sole – anche se un velo
Sopra si distende di malinconica tristezza;
Orma d’uomo non calpesta il regno della solitudine
Il deserto in fiore risplende invano.
Felicia Hemans, 1793 - 1835
D’estate in Maremma, o per lo meno nella maggior parte della Maremma fa caldo e quanto più questa si allontana dalle verdi pendici dell’Amiata e dai poggi meno verdeggianti, ma ventilati, di Montieri e di Roccastrada, fa caldo: più caldo che in qualunque altro sito della Toscana e forse di tutta l’Italia centrale. Ma da quando questo caldo, grazie alle imponenti opere di bonifica promosse dai Lorena e proseguite indefessamente dallo Stato, non è più apportatore di morbo e di morte. esso è divenuto un elemento determinante nel potenziamento dei caratteri che conferiscono alla Maremma un inconfondibile fascino. È un caldo gagliardo, come il temperamento della gente di questa terra, leale e generoso: nel senso che, oltre a rendere feconde di messi quelle vaste pianure che per secoli furono malefici acquitrini nel fulgore delle lunghe giornate estive che non conoscono cieli coperti, brume o nuvolaglie, rende favolosamente nitidi i profili del paesaggio, dalle groppe dei monti alle sagome dei castelli e dei forti alle solenni pinete della costa, ed esalta i colori dal cobalto del mare alle rocce grigie e rosse che su esso strapiombano, dall’ocra delle pianure e dei campi al verde cupo delle macchie selvagge, all’argento degli oliveti al bianco e al rosa delle vecchie case coloniche e dei casolari.[…] Scelga dunque, chi vuole scoprire questa terra rude, affascinante e, per molti aspetti ancora sconosciuta, la luminosa estate i cui ardori per altro sogliono essere spesso temprati dal maestrale e dalle silvane brezze dell’Amiata.
Enzo Carli, 1965
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