Paesaggi d'Italia

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Dolomiti

Friuli-Venezia Giulia, Italia

Il paesaggio dolomitico come paradigma della perfezione della veduta alpestre, le Dolomiti come montagne che grazie alla loro spettacolarità e particolarità si esprimono sempre e ovunque in termini di bellezza assoluta. Montagne che nulla nascondono e tutto esaltano: i colori, le forme, le armonie che si creano con quello che sta intorno, naturale o umano che sia. Una catena montuosa riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità che rappresenta uno dei paesaggi più famosi d’Italia e d’Europa, segnando nel profondo sia le espressioni ambientali che quelle culturali, di diverse regioni: il Trentino, l’Alto Adige, il Veneto e il Friuli. Le Dolomiti hanno avuto da sempre un enorme impatto sull’immaginazione di chiunque le abbia viste. L’imponenza di questi giganti di pietra ha ispirato alle popolazioni che le abitano un’epica che affonda le sue radici nella preistoria, al punto da divenire un riferimento imprescindibile per la loro stessa identità culturale. Dopo la loro scoperta scientifica, i viaggiatori romantici vi riconobbero l’incarnazione di quei paesaggi ideali che i pittori fino ad allora avevano solo immaginato. Nessuno può rimanere indifferente alla loro indescrivibile fascinazione, tanto che sono considerate universalmente “le più belle montagne della Terra”. I caratteri chiave di questo particolare paesaggio sono molteplici. In primo luogo la topografia estremamente articolata, in secondo luogo l’insolita varietà di forme che le caratterizzano in verticale (pale, guglie, campanili, pinnacoli, torri, denti) e in orizzontale (cenge, tetti, cornicioni, spalti, altopiani). Tuttavia le Dolomiti sono note soprattutto per l’eccezionale varietà di colori e lo straordinario contrasto fra le linee morbide delle praterie e l’improvviso sviluppo verticale di possenti cime completamente nude. Le primissime immagini di queste montagne non furono dipinti o ritratti, ma descrizioni, parole che raccontavano di visioni straordinarie e di emozioni potenti che invadevano la mente e che occupavano – con una forza quasi ineluttabile – le frasi di apertura delle prime relazioni scientifiche e dei primi resoconti di viaggio. Le parole con cui vennero espressi i caratteri delle Dolomiti corrispondono esattamente alle categorie del Sublime: verticalità, grandiosità, monumentalità, tormento delle forme, purezza essenziale, intensità di colorazioni, stupore, ascesi mistica, trascendenza.

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Vi è qui […] per i viaggiatori la possibilità di vedere le montagne Dolomitiche. Diverse da ogni altra montagna, non è consentito osservarne di eguali in alcun altro posto delle Alpi. Esse attirano l’attenzione per la singolarità e il carattere pittoresco delle forme, dei picchi aguzzi e delle guglie, talvolta emergenti quali pinnacoli ed obelischi, oppure allineati in creste ininterrotte, dentate come la mascella di un alligatore; in altri casi esse cingono le valli con ripide pareti alte molte migliaia di piedi, spesso solcate da numerose fessure, tutte verticali. Questi monti sono perfettamente spogli, privi di vegetazione d’ogni tipo e, di solito, presentano una lieve tinta gialla o bianchiccia. […] Esse offrono un netto contrasto con tutte le altre montagne per il loro candore abbagliante, per la loro aridità totale […]. Talvolta hanno l’aspetto di torri e obelischi divisi tra loro da baratri profondi migliaia di piedi; altrove le guglie sono così numerose e sottili da evocare l’immagine di un fascio di baionette o di spade. Nell’insieme esse conferiscono un’aria di inedita e sublime grandezza alla scena e solo coloro che le hanno viste sono in grado di apprezzarle come conviene.
John Murray, 1837
Natura ha posto in esse più fantasia che logica. Mentre nelle Alpi classiche predominò un ordine di costruzione simile a quello della vita umana, le Dolomiti si ribellarono contro l’ordine, contro la legge, e li travolsero. Nelle montagne classiche c’è un ordine d’autorità, nelle Dolomiti c’è sobillazione: ogni cima tenta di rompere i legami con le vicine, e quando li tollera nasce un capriccio. Le rocce dolomitiche sono esseri ebbri, insofferenti, anarchici, tumultuosamente personali, ansiosamente anelanti ad un sogno svincolato dalla solidità del vero, pervase in sommo grado di inquietudine, di tormento, di ardore, di eccitazione, esseri la cui passione predomina sul raziocinio. La dolomia è una essenza lunare. Un paesaggio dolomitico è prima di ogni altra cosa una illusione d’incanto. È l’istintivo sfrenato impulso verso una utopia solidificata in pietra grigio-giallo-rosa. L’architettura di massa è ardita e vertiginosa nei particolari, ma il dominio spetta al colore, al profilo, al movimento. Davanti alle Dolomiti anche la fantasia più equilibrata di poeta vibra leggera e libera.
Arturo Tanesini, 1997
Tra tutte le regioni alpine più altamente ammirate, e più largamente frequentate, sta in primissimo rango il regno fatato delle Dolomiti, questo «unicum» nelle Alpi, che la stessa Svizzera ha ragione di invidiarci: delle Dolomiti, con le loro bellezze bizzarre e pur profondamente incantatrici, con le loro crode, ripidissimamente levantisi e avvampanti in quasi tutti i colori con le loro vaste distese ondulate di pascoli, placidamente innalzantisi fino a gioghi che offrono sui monti e sulle valli panorami così vasti quali in altre regioni delle Alpi si possono contemplare soltanto da un’alta cima!
Paul Grohmann, 1886
Spesso queste valli sono talmente strette, che la vista delle cime è ostacolata dalle pareti laterali e si manifesta solo una volta sbucati fuori. A volte però una cima appare attraverso una cupa gola o la sommità di una falesia si mostra attraverso una fenditura nella roccia, svettando nel cielo quasi irraggiungibili. Se da un lato un’escursione nelle Dolomiti Friulane (ndt): “Prealpi Carniche” nel testo originale) richiede uno sforzo maggiore al turista poiché i centri abitati si trovano solo in fondovalle, queste montagne sono d’altro lato meno ostili di quel che sembra. Dalle conche circondate di cime come quella tra Claut e Cimolais si può godere di una vista che per grandiosità difficilmente si può trovare altrove.
Heinrich Steinitzer, 1900